mercoledì 27 agosto 2014

bollettino on line IL POTERE DELLE PAROLE marzo 2014

Il Potere delle parole
Bollettino on line di Psicologia e Attualità
MARZO 2014
                                        
                                   
  51

Organo d’informazione del Centro Studi di Medicina Psicosomatica

Sede redazionale: Viale dei Primati Sportivi, 50   00144  ROMA

Tel. 06.54210797  fax 06.97258889

 


EDITOR:
Caterina Carloni psicologa e psicoterapeuta


Staff redazionale:
Giulia Abbate  esperta in scienze della comunicazione
Ornella Campo  psicologa e  psicoterapeuta
Leonardo Facchini  poeta e saggista
Lancilla Farinelli counselor
Elisabetta Mastrocola  scrittrice e giornalista
Antonio Pignataro funzionario pubblico




Questa pubblicazione nasce dall’intento di offrire un panorama di insegnamenti filosofici e psicologici nella prospettiva dell’incontro interculturale.

periodico on line  presente su                   


in questo numero:


LE LUCI DEL SILENZIO




SOMMARIO

LA FOTOGRAFIA
ENJOY THE SILENCE
by Erry’s Capture

LA CIVILTA’ DEL SOLE
ASCOLTARE
a cura di Elisabetta Mastrocola                                    

DIETRO IL SILENZIO
di Giulia Abbate                                                           

L’OPINIONE
IL SILENZIO NON TACE
di Leonardo Facchini
NUMERI, SEGNI E SIMBOLI
Tra gioco e scienza
Psicologia & Cartomanzia (1° lezione)
di Caterina Carloni
SCIENZA BHAKTIVEDANTICA
Il mahamantra
Vedere attraverso il suono
a cura di Caterina Carloni

UNA DI NOI
Silvana P.
di Caterina Carloni

LIBRI, MOSTRE E SPETTACOLI
Il Silenzio”
a cura di Lancilla Farinelli


NEWS & CORSI








Care lettrici e cari lettori,

Il numero di marzo è dedicato al SILENZIO, a quei momenti della vita in cui le parole diventano superflue, quei momenti che nessuna parola potrà mai descrivere, quei momenti che Edgar Lee Masters seppe catturare e rendere eterni scrivendo un’indimenticabile poesia…


IL SILENZIO (1915)

Ho conosciuto il silenzio delle stelle e del mare
e il silenzio della città quando si placa
e il silenzio di un uomo e di una vergine
e il silenzio con cui soltanto la musica trova linguaggio
il silenzio dei boschi
prima che sorga il vento di primavera
e il silenzio dei malati quando girano gli occhi per la stanza
e chiedo: Per le cose profonde a che serve il linguaggio?

Un animale dei campi geme uno o due volte
quando la morte coglie i suoi piccoli
noi siamo senza voce di fronte alla realtà
noi non sappiamo parlare.
Un ragazzo curioso domanda a un vecchio soldato
seduto davanti alla drogheria:
Dove hai perduto la gamba?
E il vecchio soldato è colpito dal silenzio e poi gli dice:
Me l’ha mangiata un orso
e il ragazzo stupisce
mentre il vecchio soldato muto rivive come un sogno
le vampe dei fucili
il tuono del cannone
le grida dei colpiti a morte
e sé stesso disteso al suolo
i chirurghi dell’ospedale
i ferri
i lunghi giorni di letto
ma se sapesse descrivere ogni cosa
sarebbe un artista
ma se fosse un artista
vi sarebbero più profonde ferite che non saprebbe descrivere.

C’è il silenzio di un grande odio
e il silenzio di un grande amore
e il silenzio di una profonda pace dell’anima
c’è il silenzio degli dei che si capiscono senza linguaggio
c’è il silenzio della sconfitta
e il silenzio di coloro che sono ingiustamente puniti
e il silenzio del morente la cui mano stringe subitamente la vostra
c’è il silenzio che interviene tra il marito e la moglie
c’è il silenzio dei falliti
il vasto silenzio che copre le nazioni disfatte e i condottieri vinti
c’è il silenzio di Lincoln che pensa alla povertà della sua giovinezza
e il silenzio di Napoleone dopo Waterloo
e il silenzio di Giovanna D’Arco
che dice fra le fiamme Gesù benedetto
e c’è il silenzio dei morti.

Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze
perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte?
Il loro silenzio avrà spiegazioni quando li avremo raggiunti.



Francobollo statunitense dedicato a Edgar Lee Masters





      
LA FOTOGRAFIA

“ENJOY THE SILENCE” by Erry’s Capture




 La galleria di foto dell’artista è visibile su http://www.flickr.com/photos/erry87/


LA CIVILTA’ DEL SOLE
a cura di Elisabetta Mastrocola



ASCOLTARE

Il silenzio è la chiave per entrare in sé stessi, in quella dimensione dove sono custoditi i tesori dell’anima. È in quel silenzio ricco, carico di vibrazioni alte e positive che la liberazione dai pesi e dai condizionamenti, ai quali ci si è inconsciamente sottoposti, è possibile.  Certo, arrivare ad ascoltare le note più evolute dell’interiorità, richiede l’aver già fatto un certo lavoro su sé stessi, altrimenti dapprima emergerà la cacofonia rumorosa della grossolanità dell’ignoranza.
Ma una volta superata questa fase in cui si prende consapevolezza di quanto siamo noi stessi gli artefici di tante nostre difficoltà e di conseguenza si decide di mettere da parte le recriminazioni del  piccolo sé insoddisfatto, avviene quel distacco necessario per prestare attenzione ed ascoltare il mondo sottile che ci circonda e ci compenetra, un mondo colmo di grazia e dolcezza, sempre pronto ad offrirci sostegno e conforto.
Il desiderio e la ricerca delle benedizioni e dei doni del mondo spirituale apre un contatto con le creature spirituali che abitano la patria celeste. In ogni momento della  vita, nella quotidianità è possibile creare, mediante un atto di volontà, uno spazio silenzioso lontano dai rumori esterni per  affrancarsi dai rumori interiori e porre ascolto alla voce del Sé, foriera  di quelle soluzioni altrimenti  cercate invano. Dalla piccola voce gentile e delicata arrivano ispirazioni, chiarimenti, intuizioni, risposte, suggerimenti, ammonimenti; così come sensazioni di pace e serenità, forza, stabilità, determinazione, energia, gioia. Appare la tenerezza di un ricordo, un moto di allegria, la parola buona che qualcuno un giorno ha regalato e che ora torna per illuminare la  giornata … Nel silenzio si può scoprire una ricchezza infinita. Si può scorgere Dio, l’immenso e l’infinitamente piccolo, si può ascoltare il calore di un affetto sincero, il profumo di un fiore, la maestosità di una montagna, il respiro del mare, la solennità di un Maestro e l’amore per il mondo. È nel silenzio che l’amore si sente più forte. È nel silenzio che si scopre la Luce dell’universo.

Dalle parole del Maestro OMRAAM MIKHAËL AÏVANHOV:
«Il saggio a cui ponete la domanda “Cos’è Dio?” manterrà il silenzio, perché a questa domanda non si può rispondere che con il silenzio. Solo il silenzio, il vero silenzio, arriva ad esprimere l’essenza della Divinità. Dire che Dio è amore, saggezza, potenza, giustizia … È vero, ma queste parole non colgono nulla del suo infinito, della sua eternità, della sua perfezione. Non si conosce Dio parlando o ascoltando parlare di Lui, Lo si conosce sforzandosi di entrare in sé stessi per raggiungere questa regione che è, appunto, il silenzio.
Il silenzio è la regione più elevata della nostra anima e, nel momento in cui raggiungiamo questa regione, entriamo nella Luce Cosmica. La Luce è la quintessenza dell’universo. Tutto quello che vediamo intorno a noi, e anche quello che non vediamo, è attraversato, impregnato di Luce. Lo scopo del silenzio, quindi, è la fusione con questa Luce vivente, potente che penetra tutta la creazione. Quando ci fondiamo con questa Luce non ci domandiamo più cosa sia Dio, e ancor meno, se esista».

Pensieri Quotidiani n. 24  – Edizioni Prosveta



                                                                                                       
Elisabetta Mastrocola è giornalista e scrittrice.
Pubblicazioni, attività e programmi sul suo sito www.scrittura-creativa.it.





DIETRO IL SILENZIO
di Giulia Abbate

Il silenzio è pericoloso. Molte volte nasconde emozioni non dette o paure mai svelate, quasi sempre per l’assenza di un interlocutore o semplicemente di qualcuno in grado di ascoltare. Ma il silenzio è già un segnale, un sintomo forte di un disagio profondo, nella speranza che possa essere colto da chi si ama. È proprio chi si ha più vicino che non si accorge dell’intensità delle parole non dette e del grido d’aiuto che si cela dietro di esse: per una quiete necessaria, ma il più delle volte fasulla, si evita di svelare i problemi e si preferisce far finta di nulla. Così in molte famiglie si va avanti per anni, e la rabbia sotterrata dal silenzio si trasforma in odio, per gli altri prima, per se stessi, dopo.
Non essere ascoltati e diventare invisibili agli occhi proprio di chi dovrebbe garantire una presenza sconfinata e rassicurante, è spesso il seme di un futuro disastro, di una prossima tragedia. Il silenzio, la maggior parte delle volte, non è una scelta ma un obbligo, un’imposizione, una forzatura esterna: basterebbe porre una domanda, “come stai?”, per sciogliere il nodo di tristezza e di solitudine che aumenta con il passare del tempo. Purtroppo oggi si è circondati da silenzi e da indifferenza, non solo fuori di casa, con gli estranei, ma soprattutto in famiglia in cui il dialogo e la comunicazione sono resi difficili da altre finte priorità, dalla scusa del tempo che è sempre poco, ma spesso anche dal semplice disinteresse.  Non solo si evita il semplice dialogo, ma anche il litigio, la discussione, lo sfogo del proprio rancore. In questo si dovrebbe imparare dai bambini; osservandoli, essi, con l’innocenza della loro età, in pochi minuti litigano e subito fanno pace, e si ritrovano a giocare insieme come grandi amici.
Il silenzio accresce i problemi, li trasforma in mostri irrisolvibili che si aggirano nei pensieri schiacciando la mente in una morsa di ansie e panico. Un tema delicato (che ho difficoltà ad affrontare per la mia mancanza di una formazione professionale) è il silenzio delle donne: spesso accusate di non aver denunciato prima il proprio dolore, sono doppiamente vittime, di chi è la causa del loro male, ma anche di se stesse. Parlare, urlare, ribellarsi al male, anche quello subdolo, che lavora sotterraneo e scava nella profondità dell’animo, è sempre la giusta via; è vero anche che bisogna educare all’ascolto, insegnare a riconoscere i segnali, a non aver paura di esserci, di aiutare.
Allo stesso modo, è importante insegnare alle nuove generazioni il potere delle parole; scrivere il proprio disagio su un social network a milioni di sconosciuti non è quasi mai la soluzione, se poi quel male del cuore non si confessa a chi si ama, a chi, concretamente, può impegnarsi a risolvere quel dolore.
Bisogna imparare a leggere i segnali, a guardare oltre il silenzio perché comunicare è un gioco di squadra e non c’è sensazione più confortante che parlare ed essere ascoltati.


Giulia Abbate, laureata in Lettere all’Università degli Studi di Roma Tre, è iscritta al corso di laurea Magistrale in Italianistica presso la stessa Università. Ha collaborato al quindicinale “L’Ardeatino” e “Il Nettunense”; scrive per il mensile “Tempi Nuovi”.



L’OPINIONE
di Leonardo Facchini




IL SILENZIO NON TACE


“Silenzio” è un termine pregnante che va oltre il significato letterale, implicando molteplici valenze fino all’accezione antitetica del silenzio che “si ascolta”.
Così D’Annunzio in “Maia”: “Il silenzio era vivo/ come un’anima sparsa/ che ascolti e attenda/ senza respiro”, esprime una quiete notturna che si anima e trasmette impercettibili  rumori. E ancora, nella poesia “La pioggia nel pineto”: “Taci. Su le soglie/ del bosco non odo/ parole che dici/ umane…” Ermione sembra subire una metamorfosi nell’incantesimo della pineta dove la sua voce umana, sostituita da quella della pioggia, viene ascoltata nel silenzio e dal silenzio della folta vegetazione.
Nel Vangelo di Luca (19,1) si legge che Zaccheo salì sul sicomoro per vedere Gesù, mentre la folla era raccolta nel cerchio d’ombra proiettata dalla chioma dell’albero. Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ” Zaccheo, scendi subito, perché oggi DEVO fermarmi a casa tua”. E il pubblicano: “ Ecco Signore… se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto “. Il silenzio d’ombra del sicomoro “ risuona “ di una splendida pagina di letteratura universale.
Se noi fossimo chiamati a svolgere un gioco di assoluto silenzio per un certo lasso di tempo, potremmo riferire varie cose dalle quali la mente è stata attraversata: qualcuno d’avere forse avvertito una voce di recenti o remoti ricordi e qualche altro quella della propria coscienza, a seconda delle diverse situazioni psicofisiche.
E’ certo però che la voce della coscienza parecchi la intercettano nel rendiconto serale, prima di dormire, dopo una giornata importante e impegnativa di lavoro.
Chissà quante volte il silenzio ci è stato propizio per dialogare con la foto di qualche persona a noi affettivamente vicina o con quella di un estinto a noi caro. Su tale
argomento le pareti domestiche potrebbero rivelare mille segrete parole.
Pure quelle di un anziano signore del mio quartiere, con il quale mi succede, non di rado, d’imbattermi per strada. Fermo a un lato di questa, resta a lungo ad osservare, in tutta la sua visuale, ognuno che passa, mai accennando ad un saluto e mai, d’altronde, ricevendolo. In alternativa si pone ai margini di un prato, fissando l’erba che vi cresce e niente lo distrae. Esce e torna da solo a casa, perché si possa pensare che abbia bisogno d’essere assistito.
Mi fa riflettere però sul silenzio delle persone sole e dimenticate, su quello della solitudine e del vuoto che si forma intorno. “ La tua stagione è il buio/ e il silenzio. Non vive/ cosa che più di te/ sia remota dall’alba “ (Cesare Pavese).
Ma la solitudine può essere anche ricercata per un’esigenza spirituale o forse più banalmente, perché si ha voglia di affrancarsi dai rumori della vita quotidiana e di rifugiarsi nel silenzio. Il silenzio, ad esempio, della montagna.
Grazie cugino Lucio per avermi spedito il tuo libro sulle tue escursioni sulle vette degli Appennini e delle Alpi. Sono affascinanti e dense di partecipazione di gioia le tue descrizioni sulle numerose, straordinarie foto scattate. Leggo: “ Grande è l’emozione osservare, durante brevi soste, il nitido brillare delle stelle della via lattea, la quale, ben visibile, non soffre, a quella altitudine inquinamenti luminosi “.
Tu sì che hai respirato a pieni polmoni il silenzio e ne hai ascoltato il grido di esultanza nella purezza di albe e di tramonti. Grazie per avermi dimostrato come meraviglioso può essere il silenzio del mondo e quello del tempo, nel coro di voci e di suoni impercettibili.






                                                                       
Ufficiale dell'Esercito in congedo, Leonardo Facchini ha ricevuto numerosi riconoscimenti in vari concorsi letterari. Vive a Torino con la sua famiglia. 



NUMERI, SEGNI E SIMBOLI
TRA GIOCO E SCIENZA

PSICOLOGIA  &  CARTOMANZIA (1° lezione)

Che sia il gusto del gioco o la ricerca di un parere disinteressato su una scelta di vita importante; che sia il bisogno di confidare un intimo segreto a qualcuno - meglio se estraneo e al di fuori della nostra cerchia di amici -  oppure il desiderio di essere ascoltati senza giudizi né pregiudizi, quasi tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo rivolti ad una cartomante.
La cartomante è colei che studia e conosce il mondo delle corrispondenze tra realtà fenomenica e realtà più sottili, di natura non causale ma analogica. Jung definiva questo tipo di coincidenze significative come espressioni del principio di  “sincronicità”. Ad es., la notte abbiamo sognato un amico che non vedevamo da tempo e lo incontriamo il giorno dopo in modi e tempi che ci sorprendono. La sincronicità è un termine che indica il legame che unisce due fatti che accadono nello stesso tempo senza che vi sia un’evidente connessione di causa-effetto.
E’ quello che succede nella lettura delle carte: pensiamo ad una questione per noi rilevante e – in quel preciso momento – le carte estratte ci rimandano, in forma simbolica e perciò  interpretabile in vari modi e a vari livelli, la stessa situazione, arricchita di messaggi e di segni che aiutano a definirla meglio, a meglio comprenderla e a superarla.
Il ricco simbolismo dei tarocchi ha dato origine a diverse speculazioni sulla loro origine. In essi si fondono immagini bibliche, elementi naturali, costellazioni zodiacali, motivi astrologici, allegorie medievali e riferimenti alla mitologia classica e a quella scandinava. Le loro misteriose figure nascondono infiniti significati simbolici che ne fanno uno strumento ottimale per esercitare le proprie capacità di concentrazione e meditazione.
Le 78 carte di un mazzo di tarocchi si dividono in due gruppi: gli arcani minori, composti da 56 carte suddivise in quattro semi (coppe o cuori, denari o quadri, bastoni o fiori e spade o picche) ognuno dei quali comprende 14 carte; le restanti 22, che vengono generalmente chiamate trionfi o arcani maggiori.
Dato che gli arcani maggiori sono 22, i tarocchi sono stati messi spesso in relazione con la Cabala ebraica: altrettante infatti sono le lettere dell’alfabeto ebraico; inoltre, per la numerologia cabalistica, il 22 rappresenta un numero magico. Secondo la tradizione, la Cabala fu consegnata direttamente da Dio al popolo ebraico, quale mezzo per interpretare la sua parola e per evitare che questa si diffondesse tra gli empi. Per millenni si è tramandata oralmente all’interno di circoli di iniziati. Il sistema della Cabala si articola nel cosiddetto Albero della Vita, che per i cabalisti rappresenta tutte le manifestazioni di Dio e in cui il processo della creazione è simboleggiato dalle dieci sefirot, o sfere, e dai 22 sentieri che le uniscono. Se si segue questo schema, e si collegano i tarocchi con i testi cabalistici, a ogni Arcano viene fatto corrispondere uno di questi sentieri e, viceversa, a ogni sentiero si associa simbolicamente un Arcano Maggiore.
C.Carloni

Per approfondire: “Il grande libro dei tarocchi”, AAVV, Fabbri Editore, 2007    

SCIENZA     BHAKTIVEDANTICA
a cura di Caterina Carloni
Un dato incontrovertibile che emerge dalle ultime ricerche scientifiche condotte in tutto il mondo sull'utilità e sull'efficacia della psicoterapia è costituito dall'importanza imprescindibile della qualità del rapporto paziente-terapeuta nel produrre modificazioni di personalità. L'American Psychological Association, in occasione del centenario della sua fondazione, ha pubblicato un articolo di Lambert e Bergin in cui vengono riassunte le principali conquiste della ricerca in psicoterapia. Ne è emersa la necessità di prestare attenzione non solo all'aspetto metodologico del processo terapeutico, poco determinante in termini assoluti, ma anche e soprattutto alla varietà dei fattori connessi al rapporto emotivo tra lo psicoterapeuta e il paziente (la fiducia, l'empatia, il calore umano, l'accettazione).
Questi dati aprono un nuovo orizzonte di studio e di riflessione sul valore dei sentimenti e degli affetti nel promuovere la trasformazione delle coscienze, oltre a spiegare l'effetto positivo di tante terapie non convenzionali e di tante figure paraprofessionali nel trattamento e nella prevenzione della sofferenza psichica.
Ben lontano dal sentimentalismo e dalla passione fisica, questa grande fonte di cambiamento e di elevazione della coscienza si trova all'interno di ognuno di noi e rappresenta un potere speciale di integrazione e sviluppo della personalità.
I risultati di queste ricerche trovano un ampio riscontro negli insegnamenti tramandati fino a noi, attraverso una successione disciplica, da un'antica tradizione culturale indiana: la Scienza Bhaktivedantica (da Bhakti=amore, devozione e Vedanta=conoscenza, saggezza).
Esiste  un antico mantra, considerato da secoli molto efficace ed adatto per gli uomini del nostro tempo, che la Tradizione Bhaktivedantica spiega e descrive in questi termini:

IL MAHAMANTRA

Quando qualcuno ci fa un regalo, anche il più piccolo, il minimo che possiamo fare è ringraziarlo. È buona educazione e buon senso. Figuriamoci allora che cosa dovremmo fare verso la Persona che ci dà la vita. Anima e corpo, respiro e cibo, gioia e conoscenza. Verso la Persona che ci sostiene e che ci vuole infinitamente bene.

È vero che a volte incontriamo delle difficoltà quando dalla vita dobbiamo imparare qualche dura lezione; ma questi sono i frutti delle nostre mancanze e dei nostri errori. Egli ci ha dato il libero arbitrio, siamo noi a decidere come usarlo. Allora se vogliamo ringraziarLo per tutto, pregarLo per qualcosa o semplicemente glorificarLo, possiamo farlo, in qualsiasi modo e lingua. Ma da testi millenari sappiamo che c'è un modo con il quale Gli si parla e si ottengono buoni risultati! Alcuni grandi santi confermano, nelle Scritture e con l'esempio, che a Lui piace essere chiamato così. Sarà vero? Noi lo facciamo e sappiamo che funziona. Se anche voi volete provare, aprite il cuore, tranquillizzate la mente e recitate, pregate o cantate:

Hare Krishna Hare Krishna
Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama
Rama Rama Hare Hare

Che cos'è? É un mantra. In sanscrito manas significa mente e traya significa liberare. Quindi un mantra è una combinazione di suoni trascendentali che libera la nostra mente da tutte le ansie del mondo materiale. La letteratura vedica raccomanda questo mantra dicendo che è il maha-mantra, il mantra supremo. La Kali-santarana Upanisad spiega: "Queste sedici parole sono fatte apposta per contrastare i dannosi effetti dell'attuale età di discordia e di ansia". Il Narada-pancaratra aggiunge: "Tutti i mantra e tutti i metodi di realizzazione spirituale sono riassunti nel maha-mantra Hare Krishna".
Il nome Krishna vuol dire 'Colui che attrae tutti', il nome Rama significa 'Colui che dà piacere a tutti' e il nome Hare è indirizzato all'energia devozionale del Signore. Quindi il maha-mantra significa: "O Signore che attrai e dai piacere a tutti, o energia del Signore, Ti prego impegnami nel Tuo servizio di devozione".
Cantate il mantra Hare Krishna e le vostre vite saranno sublimi.
Tratto da www.harekrsna.it
Sri Caitanya Mahaprabhu, grande maestro indiano del ‘500 che insegnò e diffuse
 il canto dei Santi Nomi
VEDERE ATTRAVERSO IL SUONO


È un tema molto affascinante quello della relazione tra il suono e le forme visibili. “In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio e il verbo era Dio... e il verbo si fece carne” recita la Bibbia.  Recenti esperimenti hanno mostrato in che modo la vibrazione sonora possa strutturare la materia in forme geometriche estremamente intriganti, alcune delle quali ci rimandano agli Yantra dell’antica cultura vedica (rappresentazioni geometriche di Mantra, corrispondenti a diversi piani di coscienza e alle rispettive Divinità che vi presiedono).
Nel seguente estratto di un suo discorso, Srila Bhakti Rakshak Sridhar Maharaj così descrive lo  straordinario potere del suono e in particolare della vibrazione trascendentale del maha-mantra.
“Ci sono canali attraverso i quali l’infinito discende. C’è una comune credenza secondo la quale espandendo il potere della mente possiamo concepire l’infinito, ma questo metodo è difettoso. Se l’infinito potesse essere confinato in una mente limitata, allora non sarebbe infinito. L’infinito non può essere contenuto in una sfera limitata, tuttavia, se Egli è davvero infinito, allora deve avere il potere di farsi conoscere in tutta la sua pienezza alla mente finita. Egli discende attraverso il canale del suono trascendentale.
Per milioni di anni i saggi hanno cantato mantra sulle sponde di molti fiumi sacri. Idee sono straripate ovunque a proposito dei possibili effetti del mantra. Un saggio spiegò in un suo sutra che le epidemie di massa sono dovute alla contaminazione dell’etere da parte di suoni impuri. Quando gli avvocati e il pubblico ministero nella corte cominciano a mentire nel nome della giustizia, queste vibrazioni sonore contaminano l’etere, che di conseguenza contamina l’aria e l’acqua che le persone respirano e bevono e il risultato è l’epidemia.
Le scritture vediche affermano che quando il Signore Brahma crea l’universo, l’ingrediente seme è il suono ‘OM’ e da quell’ ‘om’ nasce il Gayatri mantra: da questo suono germogliano le quattordici galassie planetarie come vorticose spirali di stelle e pianeti, con il sole situato esattamente al centro dell’universo. Ciascun sistema planetario è composto di un suono differente proferito dal Signore Brahma.
Anche l’anima individuale è dotata di una frazione di potere creativo. E dunque anche gli individui comuni creano la loro sfera minuscola d’influenza attraverso il suono. La sfera d’influenza di qualche anima non è più grande del proprio cranio, e alcune anime hanno influenza su una comunità, una nazione, e persino su un intero pianeta. La bellezza e l’armonia delle loro particolari sfere d’influenza dipende dalla qualità dei suoni che producono.
Quando una nazione cerca di conquistarne un’altra, i primi punti che cerca di catturare sono i media: la televisione, le stazioni radio, i giornali, le vie di comunicazione.
Le linee di comunicazione sono piene di suoni impuri, dai libri di scuola per i più giovani fino a quelli più avanzati di cosiddetta filosofia.
È necessario riempire l’etere del suono purificante del maha-mantra. Pronunciando il suono puro del maha-mantra ogni cosa esistente viene invasa a partire dalla sua stessa origine. La mente, il corpo, l’anima e persino la stessa natura può essere mutata in natura trascendentale. Catturate le onde sonore che sono la causa di ogni esistenza oggettiva e saturatele con il santo Nome. Il risultato sarà la trasformazione totale dell’energia!
Cavalca le onde del suono trascendentale che viaggiano nell’etere, e la tua felicità nella vita spirituale è assicurata”.



UNA DI NOI
di Caterina Carloni


Un libro di alcuni anni fa, intitolato “Ordinary People”, di Judith Guest, e portato alla ribalta dal film “Gente comune” (1981), con Tim Hutton, narrava la storia di una famiglia borghese e dei suoi piccoli grandi drammi. Il film emozionò e commosse talmente tanto le platee di tutto il mondo che Tim Hutton si aggiudicò a soli 19 anni la statuetta come migliore attore non protagonista.
Le storie della gente comune ci aiutano a ritrovare i veri valori della vita e, attraverso un processo di identificazione, ci incoraggiano a superare i nostri dubbi, le nostre debolezze, le nostre paure.
Ho pensato di raccontarvi oggi la storia di Silvana P., una bella ed elegante signora di 75 anni, che vive una vita semplice e piena, una di noi, una donna che sorride alla vita e che ha saputo trasformare il dolore in saggezza e gli ostacoli in opportunità.


K: Ciao, Silvana, ci conosciamo da molti anni e penso che tu sia una di quelle persone che tutti vorrebbero avere come vicina di casa: semplice, sempre sorridente, disponibile e generosa. Ti va di concedermi una tua intervista?
S: Sì, certamente.
K: Allora cominciamo. Qual è il segreto della tua serenità?
S: La salute. Grazie a Dio ho sempre avuto una salute di ferro.
K: Tuttavia, credo che anche tu, come tutti, hai dovuto sopportare i dolori e le difficoltà che naturalmente si incontrano lungo il cammino della vita. Ti va di parlarne?
S: Sì, come tutti ho avuto i miei problemi ed ostacoli. Ad esempio la perdita di mia madre a tredici anni. Eravamo una famiglia molto numerosa; tra fratelli e sorelle eravamo in tredici, e nella nostra casa c’era sempre molta allegria e movimento. Abitavamo a Piazza del Popolo, a Roma, e mio padre, conosciuto anche come “Menelik”, aveva un negozio di frutta e verdura. Io, già da piccola, lavoravo con lui e tutte le mattine andavamo insieme ai mercati generali.
K: Qual è il più bel ricordo della tua infanzia?
S: Ricordo mio padre e mia madre che intonavano gli stornelli romani all’osteria del quartiere. Era una vita semplice. Si lavorava sodo ma si stava bene perché i rapporti tra le persone erano veri e autentici.
K: Cos’è che ti rende felice, oggi?
S: La mia famiglia. E’ la cosa più bella della mia vita, soprattutto i miei tre nipoti: Erika di 21 anni, Giulia di 18 e Mirko di 15 anni, che sono la luce dei miei occhi.
K: Qual è il più bel  ricordo della tua vita?
S: La nascita dei miei figli, Marco e Francesca. E’ stata un’emozione e una gioia per le quali non ci sono parole.
K: Come ti descriveresti?
S: Buona, socievole, onesta, scanzonata, leale con tutti. Basta chiederlo a quelli che mi conoscono.
K: Confermo. So che nella tua bella famiglia, tra i tuoi nipoti, c’è anche una star della televisione. Si tratta di Mirko Trovato, uno dei protagonisti della fiction “Braccialetti Rossi”. E’ il ragazzo che interpreta la parte di Davide il Bello, il “duro” del gruppo. Ma è così anche nella vita?
S: Sì, è così anche nella vita di tutti i giorni. E ’sempre stato indipendente, coraggioso, un  po’ sfrontato, così come appare nella fiction. Dopo questa esperienza televisiva, ha ricevuto, tra l’altro, molti consensi da parte del pubblico ed è  richiesto da registi e autori del cinema. Mirko ha dimostrato di essere un vero talento, però, per fortuna, non si è montato la testa, e adesso studia presso una scuola di recitazione di Roma per coltivare e migliorare le sue capacità. Recitare è il suo grande sogno.
K: Sei orgogliosa di lui?
S: Certo, sono la sua più grande fan.
K: Qualcun altro, nella tua famiglia, possedeva talenti artistici come quelli di Mirko?
S: Sì. Mio marito Franco, da piccolo, ha interpretato un ruolo in un film drammatico dal titolo “Vivere in pace”, con Aldo Fabrizi e Ave Ninchi. Forse ha preso un po’ da lui. Anch’io, senza falsa modestia, da giovane ero stata prescelta da Marcello Mastroianni per una parte in un film, ma la mia famiglia si oppose perché allora c’erano tanti pregiudizi  e fare l’attrice era considerato sconveniente. Non capivano.
K: Qual è la tua più grande passione?
S: Subito dopo la famiglia, che è il mio tesoro più grande, la mia più grande passione, da sempre, è la magica Roma. Sono una romanista sfegatata e fino a poco tempo fa avevo l’abbonamento in curva sud. Passare la domenica allo stadio era una grande gioia, una festa di colori e di canti, oltre che un’occasione per riunire la famiglia e gli amici.
K: Cosa vorresti che scrivessi ancora su di te, che non ti ho chiesto?
S: Nulla, fammi solo tanti in bocca al lupo per la mia salute e per quella dei miei familiari.
K: Fatto. Grazie Silvana, è stato un piacere.
S: Il piacere è stato mio. Un saluto a tutti i lettori del bollettino. E…. FORZA ROMA!

Piazza del Popolo negli anni Sessanta

Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento psicosomatico.
Pubblicazioni, attività e corsi su www.caterinacarloni.it




LIBRI, MOSTRE E SPETTACOLI
a cura di Lancilla Farinelli


IL SILENZIO

La lingua degli uomini definisce il silenzio essenzialmente come  assenza di rumore, un vuoto, una mancanza, ma non è ciò che effettivamente l’uomo percepisce o esplora quando ne fa esperienza. 

Il termine silenzio,  ci dice E. Loewenthal  scrittrice e traduttrice  italiana,  in lingua ebraica  si esplicita con ben quattro termini, Shequet, il silenzio della  quiete, Dom quello dell’inizio dei tempi, abissale, Demama il silenzio della  rivelazione e stupore, Lishtok, il silenzio  imperativo che s’impone,  più suoni che  parole.

L’uomo occidentale concepisce il Silenzio in relazione all’emozione a cui viene  associato per cui si  parla di silenzio da stupore, per meraviglia, con dolore, di gioia e di  beatitudine oppure,  sofferenza interiore  ma,  tutto ciò ci fornisce una definizione limitata  di Silenzio.  Comunque lo identifichiamo  questo termine,   che si adatta a molteplici connessioni e associazioni, sfugge ad ogni definizione che lo incaselli o  limiti in maniera finita.  Questo perché  il silenzio non descrive  uno spazio finito, non ha un  colore, ma è uno spazio che ci parla di un viaggio, di un percorso a cui l’uomo approda e visita spesso inconsapevolmente considerato  una pausa , un “fuori scena” da cui fuggire nella rappresentazione della quotidiana vita incarnata .
Lo spazio sacro che il silenzio ci comunica è fuori dalla portata dei nostri cinque sensi in cui ci affanniamo a chiuderlo, non appartiene alla visione dualistica tipicamente umana ma si pone  piuttosto come un  ponte verso la dimensione intima e interiore  abitata dalla nostra coscienza.

E’ così che il silenzio, spazio sacro, diventa un viaggio che può essere   breve o lungo, cercato o evitato dentro a  noi stessi. 
Forse più semplicemente   il silenzio “E’.
E’ momento catartico  sempre accomunato  alla percezione di  “scoperta”, di  “ritrovamento” e di un risveglio di un  sé che si confronta senza veli con la realtà oggettiva,  come uno specchio rivelatore di una parte di noi  che il silenzio-specchio mette a nudo riconnettendoci  volenti o nolenti alle profondità dell’inconscio.  E’ quel  silenzio che tanto spaventa e rifugge chi vive la propria vita troppo a lungo identificato con il mondo materiale e poco ascolta quella voce  che in quel “silenzio” sussurra in lontananza, la coscienza.

Lo scrittore   Roberto Mancini autore del libro “Il silenzio via verso la vita”, ci dice che il silenzio è   il linguaggio degli Dei,  ”..non si apprendono forse nel silenzio le verità degli dei che ci parlano con il loro muto linguaggio? E non si sono forse sempre ascoltate nel silenzio le parole dei condottieri e dei re e le voci autorevoli dei maestri? Immersi nel silenzio santi, asceti e visionari hanno percorso tanti cammini di fede ed hanno imparato ad ascoltare l'ineffabile.. “

I silenzi,  quelli che ci concediamo  specie di fronte alla bellezza della natura riportano  l’uomo alla solitudine, a una relazione privilegiata in cui la vita pare  ricaricarsi  pacificata e paga di un’armonia superiore,  di una promessa di felicità e  amore incondizionato.

La relazione profonda tra paesaggio naturale e il silenzio è splendidamente resa da Eugenio Torri, geografo e profondo studioso del paesaggio che propone delle riflessioni tra il paesaggio e il silenzio e che, a tale  proposito dice: “Il tempo del paesaggio non è il tempo dell’uomo. Il tempo del paesaggio è il tempo del silenzio, il tempo dell’uomo è quello del rumore..”

Silenzio come  un suono, quello del risveglio interiore che intesse la danza melodica  del cuore, la rivelazione del Sé, il riconoscere l'essere spirituale che siamo. Visitando il silenzio percepiamo le barriere del corpo che si affaccia a  una  realtà  sconosciuta, sovraumana,  perché è nel silenzio che l’anima vola e si espande  negli spazi immensi e illimitati  e si nutre di ciò che da sempre è presente nell’universo, l’Amore  Divino.

Kristin Flood giornalista e scrittrice norvegese  che ha scritto “Incontro con il silenzio”, in un’intervista  dice  È lì come una dimensione della nostra esistenza, come uno spazio con il quale possiamo scegliere di entrare in contatto o meno, come una frequenza della quale possiamo essere curiosi oppure trovarne conforto, come una qualità della nostra vita nella quale possiamo trovare la cosa più semplice e allo stesso tempo più difficile: il riposo.” .. “ Quando siamo in silenzio ci colleghiamo ad una sfera invisibile della nostra esistenza, nella quale c’è una quiete che ci offre armonia. Qui c’è un ‘vuoto’ che non è un vuoto. Qui c’è la danza silenziosa tra il nostro cuore e l’universo….“ Il popolo del deserto, i tuareg, infatti, usa dire così: “Dio ha creato un territorio con l’acqua, nel quale gli uomini possono vivere, un territorio senz’acqua, nel quale l’uomo sperimenta la sete, e il deserto, un territorio con e senza acqua, nel quale l’uomo può trovare la sua anima”..
Charlie Chaplin invece definisce il silenzio come il grande contrapposto al momento del rumore: ”Il silenzio è un dono universale  che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca”.
E che dire allora  di tutto il rumore che circonda oggi il  nostro mondo e che  ci porta così lontano da questo linguaggio dell’anima, silenzioso rispettoso e paziente; e, a ben guardare,  la presenza del rumore e del silenzio diventano indizi importanti per comprendere e riflettere su  chi è l’uomo di oggi, o meglio ancora a che punto si trova del suo percorso, perché  si muove disinvolto  in questo mare di  parole immerso in tutto questo urlare e  agitarsi in una  confusione  di babelica memoria.
Tutto ciò di cui siamo circondati sembra  portarci lontano da noi stessi, da ciò che realmente siamo, dall’armonia divina e dalla felicità a cui tutti  aneliamo disperatamente .

Il rumore crescerà, probabilmente crescerà ancora, fino a quando diverremo completamente “sordi” a noi stessi  oppure, insofferenti  e doloranti, esploderemo con un imperativo  cosmico ..

silenzio!




E questo, sarà…
l’inizio.


Lancilla








Lancilla Farinelli, counselor. Vive e lavora a Genova.
E’ responsabile della Biblioteca Civica Cervetto.


        NEWS E CORSI                              


·        CORSO DI MEDICINA PSICOSOMATICA
In programma il VI° modulo: “L’APPARATO DIGERENTE - lo stomaco e l’intestino” ovvero come diventare sé stessi attraverso le esperienze della vita


·        PROSSIMO SEMINARIO PRIMAVERILE DEL CENTRO STUDI BHAKTIVEDANTA: “ASCOLTANDO IL MAHABHARATA… come conquistare il reale successo nella vita!”


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SABATO 5 APRILE 2014
Ore 10
VI° Seminario
del Corso annuale di Medicina Psicosomatica 2013-2014


L’APPARATO DIGERENTE
LO STOMACO E L’INTESTINO      
 
In varie tradizioni culturali è assodato che l’unico compito dell’uomo è seguire la sua vera natura. Tuttavia, trovarla non è cosa da poco: spesso si passa una vita intera a cercarla, e pare sia più facile smarrirla che avvicinarvisi.
Eppure, se i Maestri insistono su questa nostra funzione primaria, è segno che solo nella sua realizzazione arriviamo a compiere il nostro destino.
Trovare la propria vera natura significa seguire la direzione di vita impressa dal nostro Sé, nucleo centrale dell’essere, assecondando la forma originaria e particolare che fa di ognuno di noi l’individuo unico e irripetibile che è.
Come il cervello raccoglie tutte le impressioni sottili, le assorbe e le manda in tutto il corpo in forma di ormoni, così l’intestino, che con il cervello è in analogia di forme e di funzioni, riceve e assorbe la materia che, immessa nel sangue, andrà in tutti i distretti del corpo a ricreare il corpo stesso.
La simbologia dell’apparato digerente comprende vasti aspetti legati allo sviluppo esistenziale: il cibo che entra nella cavità orale e viene deglutito ricorda infatti la metafora, rintracciabile in molti miti di tutte le epoche e di tutte le civiltà, dell’eroe che compie il suo viaggio iniziatico. Quella serie di trasformazioni e di incontri con eventi avversi della vita (rappresentati dai succhi gastrici, bile e denti) lo cambieranno profondamente e lo faranno divenire una persona nuova che avrà colto la sua vera essenza, cosa gli appartiene e cosa no.
E’ ciò che C.G. Jung chiama “processo di individuazione”: diventare sé stessi attraverso le esperienze della vita e lasciar andare quel che non serve più.


Programma del seminario:

- Simboli e funzioni del sistema digerente
- Il mito dell’Eroe
- Le patologie: gastrite, ulcera, colite, morbo di Crohn
- Sessione esperienziale con esercizi di arte-terapia e tecniche di rilassamento




Il seminario si svolgerà dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 18

Costo: 100 €

SEDE DEL CORSO:
Centro Studi di Medicina Psicosomatica
Viale dei Primati Sportivi, 50 (EUR Palasport) 00144  ROMA



PER INFORMAZIONI:
Tel. 06.54210797 – 339.5258380 – 339.2197176
FAX: 06.97258889


 

Dal 18 al 21 aprile 2014


SEMINARIO PRIMAVERILE
CON MARCO FERRINI
“ASCOLTANDO IL MAHABHARATA”
Come conquistare il reale successo nella vita!



Per informazioni su costi e programma, vai su


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CENTRO STUDI DI MEDICINA PSICOSMATICA

Viale dei  Primati Sportivi, 50  00144  Roma EUR
06.54210797  -  3395258380 -  fax 06.97258889


Psicoterapia individuale e di gruppo ad orientamento psicosomatico
Consulenza di coppia e mediazione familiare
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