Il Potere delle
parole
Bollettino on line di Psicologia e Attualità
MARZO 2014
Organo d’informazione del Centro Studi di Medicina Psicosomatica
Sede
redazionale: Viale dei Primati Sportivi, 50
00144 ROMA
Tel. 06.54210797
fax 06.97258889
|
Caterina Carloni psicologa e psicoterapeuta
Staff redazionale:
Giulia Abbate esperta
in scienze della comunicazione
Ornella Campo psicologa
e psicoterapeuta
Leonardo Facchini poeta e
saggista
Lancilla Farinelli counselor
Elisabetta Mastrocola scrittrice
e giornalista
Antonio Pignataro funzionario pubblico
|
in questo numero:
LE LUCI DEL SILENZIO
SOMMARIO
LA FOTOGRAFIA
ENJOY THE SILENCE
by Erry’s Capture
LA CIVILTA’ DEL SOLE
ASCOLTARE
a cura di Elisabetta
Mastrocola
DIETRO IL SILENZIO
di Giulia Abbate
L’OPINIONE
IL SILENZIO NON TACE
di Leonardo
Facchini
NUMERI, SEGNI E SIMBOLI
Tra gioco e scienza
Psicologia & Cartomanzia (1° lezione)
di Caterina
Carloni
SCIENZA BHAKTIVEDANTICA
Il mahamantra
Vedere attraverso il suono
a cura di Caterina Carloni
UNA DI NOI
Silvana P.
di Caterina Carloni
LIBRI, MOSTRE E SPETTACOLI
“Il Silenzio”
a cura di Lancilla Farinelli
NEWS & CORSI
Care lettrici e cari lettori,
Il numero di marzo è dedicato al SILENZIO, a quei momenti della
vita in cui le parole diventano superflue, quei momenti che nessuna parola
potrà mai descrivere, quei momenti che Edgar Lee Masters seppe catturare e
rendere eterni scrivendo un’indimenticabile poesia…
IL SILENZIO (1915)
Ho conosciuto il silenzio
delle stelle e del mare
e il silenzio della città
quando si placa
e il silenzio di un uomo e di
una vergine
e il silenzio con cui
soltanto la musica trova linguaggio
il silenzio dei boschi
prima che sorga il vento di
primavera
e il silenzio dei malati
quando girano gli occhi per la stanza
e chiedo: Per le cose
profonde a che serve il linguaggio?
Un animale dei campi geme uno
o due volte
quando la morte coglie i suoi
piccoli
noi siamo senza voce di
fronte alla realtà
noi non sappiamo parlare.
Un ragazzo curioso domanda a
un vecchio soldato
seduto davanti alla
drogheria:
Dove hai perduto la gamba?
E il vecchio soldato è
colpito dal silenzio e poi gli dice:
Me l’ha mangiata un orso
e il ragazzo stupisce
mentre il vecchio soldato
muto rivive come un sogno
le vampe dei fucili
il tuono del cannone
le grida dei colpiti a morte
e sé stesso disteso al suolo
i chirurghi dell’ospedale
i ferri
i lunghi giorni di letto
ma se sapesse descrivere ogni
cosa
sarebbe un artista
ma se fosse un artista
vi sarebbero più profonde
ferite che non saprebbe descrivere.
C’è il silenzio di un grande
odio
e il silenzio di un grande
amore
e il silenzio di una profonda
pace dell’anima
c’è il silenzio degli dei che
si capiscono senza linguaggio
c’è il silenzio della
sconfitta
e il silenzio di coloro che
sono ingiustamente puniti
e il silenzio del morente la
cui mano stringe subitamente la vostra
c’è il silenzio che
interviene tra il marito e la moglie
c’è il silenzio dei falliti
il vasto silenzio che copre
le nazioni disfatte e i condottieri vinti
c’è il silenzio di Lincoln che
pensa alla povertà della sua giovinezza
e il silenzio di Napoleone
dopo Waterloo
e il silenzio di Giovanna
D’Arco
che dice fra le fiamme Gesù
benedetto
e c’è il silenzio dei morti.
Se noi che siamo vivi non
sappiamo parlare di profonde esperienze
perché vi stupite che i morti
non vi parlino della morte?
Il loro silenzio avrà
spiegazioni quando li avremo raggiunti.
Francobollo
statunitense dedicato a Edgar Lee Masters
|
LA FOTOGRAFIA
“ENJOY THE SILENCE” by Erry’s Capture
LA CIVILTA’ DEL SOLE
a cura di Elisabetta Mastrocola
ASCOLTARE
Il silenzio è la chiave per entrare in sé stessi, in quella
dimensione dove sono custoditi i tesori dell’anima. È in quel silenzio ricco,
carico di vibrazioni alte e positive che la liberazione dai pesi e dai
condizionamenti, ai quali ci si è inconsciamente sottoposti, è possibile. Certo, arrivare ad ascoltare le note più
evolute dell’interiorità, richiede l’aver già fatto un certo lavoro su sé
stessi, altrimenti dapprima emergerà la cacofonia rumorosa della grossolanità
dell’ignoranza.
Ma una volta superata questa fase in cui si prende
consapevolezza di quanto siamo noi stessi gli artefici di tante nostre
difficoltà e di conseguenza si decide di mettere da parte le recriminazioni
del piccolo sé insoddisfatto, avviene
quel distacco necessario per prestare attenzione ed ascoltare il mondo sottile
che ci circonda e ci compenetra, un mondo colmo di grazia e dolcezza, sempre
pronto ad offrirci sostegno e conforto.
Il desiderio e la ricerca delle benedizioni e dei doni del mondo
spirituale apre un contatto con le creature spirituali che abitano la patria
celeste. In ogni momento della vita,
nella quotidianità è possibile creare, mediante un atto di volontà, uno spazio
silenzioso lontano dai rumori esterni per
affrancarsi dai rumori interiori e porre ascolto alla voce del Sé,
foriera di quelle soluzioni
altrimenti cercate invano. Dalla piccola
voce gentile e delicata arrivano ispirazioni, chiarimenti, intuizioni,
risposte, suggerimenti, ammonimenti; così come sensazioni di pace e serenità,
forza, stabilità, determinazione, energia, gioia. Appare la tenerezza di un
ricordo, un moto di allegria, la parola buona che qualcuno un giorno ha
regalato e che ora torna per illuminare la
giornata … Nel silenzio si può scoprire una ricchezza infinita. Si può
scorgere Dio, l’immenso e l’infinitamente piccolo, si può ascoltare il calore
di un affetto sincero, il profumo di un fiore, la maestosità di una montagna,
il respiro del mare, la solennità di un Maestro e l’amore per il mondo. È nel
silenzio che l’amore si sente più forte. È nel silenzio che si scopre la Luce
dell’universo.
Dalle parole del Maestro OMRAAM MIKHAËL AÏVANHOV:
«Il saggio a cui ponete la domanda “Cos’è Dio?” manterrà il
silenzio, perché a questa domanda non si può rispondere che con il silenzio.
Solo il silenzio, il vero silenzio, arriva ad esprimere l’essenza della
Divinità. Dire che Dio è amore, saggezza, potenza, giustizia … È vero, ma
queste parole non colgono nulla del suo infinito, della sua eternità, della sua
perfezione. Non si conosce Dio parlando o ascoltando parlare di Lui, Lo si
conosce sforzandosi di entrare in sé stessi per raggiungere questa regione che
è, appunto, il silenzio.
Il silenzio è la regione più elevata della nostra anima e, nel
momento in cui raggiungiamo questa regione, entriamo nella Luce Cosmica. La
Luce è la quintessenza dell’universo. Tutto quello che vediamo intorno a noi, e
anche quello che non vediamo, è attraversato, impregnato di Luce. Lo scopo del
silenzio, quindi, è la fusione con questa Luce vivente, potente che penetra
tutta la creazione. Quando ci fondiamo con questa Luce non ci domandiamo più
cosa sia Dio, e ancor meno, se esista».
Pensieri Quotidiani n. 24
– Edizioni Prosveta
Elisabetta Mastrocola è
giornalista e scrittrice.
DIETRO IL SILENZIO
di Giulia
Abbate
Il silenzio è pericoloso. Molte volte nasconde emozioni non
dette o paure mai svelate, quasi sempre per l’assenza di un interlocutore o
semplicemente di qualcuno in grado di ascoltare. Ma il silenzio è già un
segnale, un sintomo forte di un disagio profondo, nella speranza che possa
essere colto da chi si ama. È proprio chi si ha più vicino che non si accorge
dell’intensità delle parole non dette e del grido d’aiuto che si cela dietro di
esse: per una quiete necessaria, ma il più delle volte fasulla, si evita di
svelare i problemi e si preferisce far finta di nulla. Così in molte famiglie
si va avanti per anni, e la rabbia sotterrata dal silenzio si trasforma in
odio, per gli altri prima, per se stessi, dopo.
Non essere ascoltati e diventare invisibili agli occhi proprio
di chi dovrebbe garantire una presenza sconfinata e rassicurante, è spesso il
seme di un futuro disastro, di una prossima tragedia. Il silenzio, la maggior
parte delle volte, non è una scelta ma un obbligo, un’imposizione, una
forzatura esterna: basterebbe porre una domanda, “come stai?”, per sciogliere
il nodo di tristezza e di solitudine che aumenta con il passare del tempo.
Purtroppo oggi si è circondati da silenzi e da indifferenza, non solo fuori di
casa, con gli estranei, ma soprattutto in famiglia in cui il dialogo e la
comunicazione sono resi difficili da altre finte priorità, dalla scusa del
tempo che è sempre poco, ma spesso anche dal semplice disinteresse. Non solo si evita il semplice dialogo, ma
anche il litigio, la discussione, lo sfogo del proprio rancore. In questo si
dovrebbe imparare dai bambini; osservandoli, essi, con l’innocenza della loro
età, in pochi minuti litigano e subito fanno pace, e si ritrovano a giocare
insieme come grandi amici.
Il silenzio accresce i problemi, li trasforma in mostri
irrisolvibili che si aggirano nei pensieri schiacciando la mente in una morsa
di ansie e panico. Un tema delicato (che ho difficoltà ad affrontare per la mia
mancanza di una formazione professionale) è il silenzio delle donne: spesso
accusate di non aver denunciato prima il proprio dolore, sono doppiamente
vittime, di chi è la causa del loro male, ma anche di se stesse. Parlare,
urlare, ribellarsi al male, anche quello subdolo, che lavora sotterraneo e
scava nella profondità dell’animo, è sempre la giusta via; è vero anche che
bisogna educare all’ascolto, insegnare a riconoscere i segnali, a non aver
paura di esserci, di aiutare.
Allo stesso modo, è importante insegnare alle nuove generazioni
il potere delle parole; scrivere il proprio disagio su un social network a
milioni di sconosciuti non è quasi mai la soluzione, se poi quel male del cuore
non si confessa a chi si ama, a chi, concretamente, può impegnarsi a risolvere
quel dolore.
Bisogna imparare a leggere i segnali, a guardare oltre il
silenzio perché comunicare è un gioco di squadra e non c’è sensazione più
confortante che parlare ed essere ascoltati.
Giulia Abbate, laureata in Lettere all’Università degli Studi di
Roma Tre, è iscritta al corso di laurea Magistrale in Italianistica presso la
stessa Università. Ha collaborato al quindicinale “L’Ardeatino” e “Il
Nettunense”; scrive per il mensile “Tempi Nuovi”.
L’OPINIONE
di Leonardo Facchini
IL SILENZIO NON TACE
“Silenzio” è un
termine pregnante che va oltre il significato letterale, implicando molteplici
valenze fino all’accezione antitetica del silenzio che “si ascolta”.
Così D’Annunzio
in “Maia”: “Il silenzio era vivo/ come un’anima sparsa/ che ascolti e attenda/
senza respiro”, esprime una quiete notturna che si anima e trasmette
impercettibili rumori. E ancora, nella
poesia “La pioggia nel pineto”: “Taci. Su le soglie/ del bosco non odo/ parole
che dici/ umane…” Ermione sembra subire una metamorfosi nell’incantesimo della
pineta dove la sua voce umana, sostituita da quella della pioggia, viene
ascoltata nel silenzio e dal silenzio della folta vegetazione.
Nel Vangelo di
Luca (19,1) si legge che Zaccheo salì sul sicomoro per vedere Gesù, mentre la
folla era raccolta nel cerchio d’ombra proiettata dalla chioma dell’albero.
Gesù alzò lo sguardo e gli disse: ” Zaccheo, scendi subito, perché oggi DEVO
fermarmi a casa tua”. E il pubblicano: “ Ecco Signore… se ho rubato a qualcuno,
restituisco quattro volte tanto “. Il silenzio d’ombra del sicomoro “ risuona “
di una splendida pagina di letteratura universale.
Se noi fossimo
chiamati a svolgere un gioco di assoluto silenzio per un certo lasso di tempo,
potremmo riferire varie cose dalle quali la mente è stata attraversata:
qualcuno d’avere forse avvertito una voce di recenti o remoti ricordi e qualche
altro quella della propria coscienza, a seconda delle diverse situazioni
psicofisiche.
E’ certo però
che la voce della coscienza parecchi la intercettano nel rendiconto serale,
prima di dormire, dopo una giornata importante e impegnativa di lavoro.
Chissà quante
volte il silenzio ci è stato propizio per dialogare con la foto di qualche
persona a noi affettivamente vicina o con quella di un estinto a noi caro. Su
tale
argomento le
pareti domestiche potrebbero rivelare mille segrete parole.
Pure quelle di
un anziano signore del mio quartiere, con il quale mi succede, non di rado,
d’imbattermi per strada. Fermo a un lato di questa, resta a lungo ad osservare,
in tutta la sua visuale, ognuno che passa, mai accennando ad un saluto e mai,
d’altronde, ricevendolo. In alternativa si pone ai margini di un prato,
fissando l’erba che vi cresce e niente lo distrae. Esce e torna da solo a casa,
perché si possa pensare che abbia bisogno d’essere assistito.
Mi fa
riflettere però sul silenzio delle persone sole e dimenticate, su quello della
solitudine e del vuoto che si forma intorno. “ La tua stagione è il buio/ e il
silenzio. Non vive/ cosa che più di te/ sia remota dall’alba “ (Cesare Pavese).
Ma la
solitudine può essere anche ricercata per un’esigenza spirituale o forse più
banalmente, perché si ha voglia di affrancarsi dai rumori della vita quotidiana
e di rifugiarsi nel silenzio. Il silenzio, ad esempio, della montagna.
Grazie cugino
Lucio per avermi spedito il tuo libro sulle tue escursioni sulle vette degli
Appennini e delle Alpi. Sono affascinanti e dense di partecipazione di gioia le
tue descrizioni sulle numerose, straordinarie foto scattate. Leggo: “ Grande è
l’emozione osservare, durante brevi soste, il nitido brillare delle stelle
della via lattea, la quale, ben visibile, non soffre, a quella altitudine
inquinamenti luminosi “.
Tu sì che hai
respirato a pieni polmoni il silenzio e ne hai ascoltato il grido di esultanza
nella purezza di albe e di tramonti. Grazie per avermi dimostrato come
meraviglioso può essere il silenzio del mondo e quello del tempo, nel coro di
voci e di suoni impercettibili.
Ufficiale dell'Esercito in congedo, Leonardo Facchini
ha ricevuto numerosi riconoscimenti in vari concorsi letterari. Vive a Torino
con la sua famiglia.
NUMERI, SEGNI E SIMBOLI
TRA GIOCO E SCIENZA
PSICOLOGIA &
CARTOMANZIA (1° lezione)
Che sia il gusto del gioco o la ricerca di un parere
disinteressato su una scelta di vita importante; che sia il bisogno di
confidare un intimo segreto a qualcuno - meglio se estraneo e al di fuori della
nostra cerchia di amici - oppure il
desiderio di essere ascoltati senza giudizi né pregiudizi, quasi tutti, almeno
una volta nella vita, ci siamo rivolti ad una cartomante.
La cartomante è colei
che studia e conosce il mondo delle corrispondenze tra realtà fenomenica e
realtà più sottili, di natura non causale ma analogica. Jung definiva questo
tipo di coincidenze significative come espressioni del principio di “sincronicità”. Ad es., la notte abbiamo
sognato un amico che non vedevamo da tempo e lo incontriamo il giorno dopo in
modi e tempi che ci sorprendono. La sincronicità è un termine che indica il
legame che unisce due fatti che accadono nello stesso tempo senza che vi sia
un’evidente connessione di causa-effetto.
E’ quello che succede nella lettura delle carte: pensiamo ad una
questione per noi rilevante e – in quel preciso momento – le carte estratte ci
rimandano, in forma simbolica e perciò
interpretabile in vari modi e a vari livelli, la stessa situazione,
arricchita di messaggi e di segni che aiutano a definirla meglio, a meglio
comprenderla e a superarla.
Il ricco simbolismo dei tarocchi ha dato origine a diverse
speculazioni sulla loro origine. In essi si fondono immagini bibliche, elementi
naturali, costellazioni zodiacali, motivi astrologici, allegorie medievali e
riferimenti alla mitologia classica e a quella scandinava. Le loro misteriose
figure nascondono infiniti significati simbolici che ne fanno uno strumento
ottimale per esercitare le proprie capacità di concentrazione e meditazione.
Le 78 carte di un mazzo di tarocchi si dividono in due gruppi:
gli arcani minori, composti da 56
carte suddivise in quattro semi (coppe o cuori, denari o quadri, bastoni o
fiori e spade o picche) ognuno dei quali comprende 14 carte; le restanti 22,
che vengono generalmente chiamate trionfi
o arcani maggiori.
Dato che gli arcani maggiori sono 22, i tarocchi sono stati
messi spesso in relazione con la Cabala ebraica: altrettante infatti sono le
lettere dell’alfabeto ebraico; inoltre, per la numerologia cabalistica, il 22
rappresenta un numero magico. Secondo la tradizione, la Cabala fu consegnata
direttamente da Dio al popolo ebraico, quale mezzo per interpretare la sua
parola e per evitare che questa si diffondesse tra gli empi. Per millenni si è
tramandata oralmente all’interno di circoli di iniziati. Il sistema della
Cabala si articola nel cosiddetto Albero della Vita, che per i cabalisti
rappresenta tutte le manifestazioni di Dio e in cui il processo della creazione
è simboleggiato dalle dieci sefirot,
o sfere, e dai 22 sentieri che le uniscono. Se si segue questo schema, e si
collegano i tarocchi con i testi cabalistici, a ogni Arcano viene fatto
corrispondere uno di questi sentieri e, viceversa, a ogni sentiero si associa
simbolicamente un Arcano Maggiore.
C.Carloni
Per
approfondire: “Il grande libro dei tarocchi”, AAVV, Fabbri Editore, 2007
SCIENZA BHAKTIVEDANTICA
a cura di Caterina Carloni
Un dato
incontrovertibile che emerge dalle ultime ricerche scientifiche condotte in
tutto il mondo sull'utilità e sull'efficacia della psicoterapia è costituito
dall'importanza imprescindibile della qualità del rapporto paziente-terapeuta
nel produrre modificazioni di personalità. L'American Psychological
Association, in occasione del centenario della sua fondazione, ha pubblicato un
articolo di Lambert e Bergin in cui vengono riassunte le principali conquiste
della ricerca in psicoterapia. Ne è emersa la necessità di prestare attenzione
non solo all'aspetto metodologico del processo terapeutico, poco determinante
in termini assoluti, ma anche e soprattutto alla varietà dei fattori connessi
al rapporto emotivo tra lo psicoterapeuta e il paziente (la fiducia, l'empatia,
il calore umano, l'accettazione).
Questi dati aprono un nuovo orizzonte di studio e di riflessione sul valore dei sentimenti e degli affetti nel promuovere la trasformazione delle coscienze, oltre a spiegare l'effetto positivo di tante terapie non convenzionali e di tante figure paraprofessionali nel trattamento e nella prevenzione della sofferenza psichica.
Ben lontano dal sentimentalismo e dalla passione fisica, questa grande fonte di cambiamento e di elevazione della coscienza si trova all'interno di ognuno di noi e rappresenta un potere speciale di integrazione e sviluppo della personalità.
I risultati di queste ricerche trovano un ampio riscontro negli insegnamenti tramandati fino a noi, attraverso una successione disciplica, da un'antica tradizione culturale indiana: la Scienza Bhaktivedantica (da Bhakti=amore, devozione e Vedanta=conoscenza, saggezza).
Questi dati aprono un nuovo orizzonte di studio e di riflessione sul valore dei sentimenti e degli affetti nel promuovere la trasformazione delle coscienze, oltre a spiegare l'effetto positivo di tante terapie non convenzionali e di tante figure paraprofessionali nel trattamento e nella prevenzione della sofferenza psichica.
Ben lontano dal sentimentalismo e dalla passione fisica, questa grande fonte di cambiamento e di elevazione della coscienza si trova all'interno di ognuno di noi e rappresenta un potere speciale di integrazione e sviluppo della personalità.
I risultati di queste ricerche trovano un ampio riscontro negli insegnamenti tramandati fino a noi, attraverso una successione disciplica, da un'antica tradizione culturale indiana: la Scienza Bhaktivedantica (da Bhakti=amore, devozione e Vedanta=conoscenza, saggezza).
Esiste un
antico mantra, considerato da secoli molto efficace ed adatto per gli uomini
del nostro tempo, che la Tradizione Bhaktivedantica spiega e descrive in questi
termini:
IL MAHAMANTRA
Quando
qualcuno ci fa un regalo, anche il più piccolo, il minimo che possiamo fare è
ringraziarlo. È buona educazione e buon senso. Figuriamoci allora che cosa
dovremmo fare verso la Persona che ci dà la vita. Anima e corpo, respiro e
cibo, gioia e conoscenza. Verso la Persona che ci sostiene e che ci vuole
infinitamente bene.
È vero che a volte incontriamo delle difficoltà quando dalla vita dobbiamo imparare qualche dura lezione; ma questi sono i frutti delle nostre mancanze e dei nostri errori. Egli ci ha dato il libero arbitrio, siamo noi a decidere come usarlo. Allora se vogliamo ringraziarLo per tutto, pregarLo per qualcosa o semplicemente glorificarLo, possiamo farlo, in qualsiasi modo e lingua. Ma da testi millenari sappiamo che c'è un modo con il quale Gli si parla e si ottengono buoni risultati! Alcuni grandi santi confermano, nelle Scritture e con l'esempio, che a Lui piace essere chiamato così. Sarà vero? Noi lo facciamo e sappiamo che funziona. Se anche voi volete provare, aprite il cuore, tranquillizzate la mente e recitate, pregate o cantate:
È vero che a volte incontriamo delle difficoltà quando dalla vita dobbiamo imparare qualche dura lezione; ma questi sono i frutti delle nostre mancanze e dei nostri errori. Egli ci ha dato il libero arbitrio, siamo noi a decidere come usarlo. Allora se vogliamo ringraziarLo per tutto, pregarLo per qualcosa o semplicemente glorificarLo, possiamo farlo, in qualsiasi modo e lingua. Ma da testi millenari sappiamo che c'è un modo con il quale Gli si parla e si ottengono buoni risultati! Alcuni grandi santi confermano, nelle Scritture e con l'esempio, che a Lui piace essere chiamato così. Sarà vero? Noi lo facciamo e sappiamo che funziona. Se anche voi volete provare, aprite il cuore, tranquillizzate la mente e recitate, pregate o cantate:
Hare Krishna Hare Krishna
Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama
Rama Rama Hare Hare
Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama
Rama Rama Hare Hare
Che
cos'è? É un mantra. In
sanscrito manas significa mente
e traya significa liberare.
Quindi un mantra è una
combinazione di suoni trascendentali che libera la nostra mente da tutte le
ansie del mondo materiale. La letteratura vedica raccomanda questo mantra dicendo che è il maha-mantra, il mantra supremo. La Kali-santarana Upanisad spiega:
"Queste sedici parole sono fatte apposta per contrastare i dannosi effetti
dell'attuale età di discordia e di ansia". Il Narada-pancaratra aggiunge: "Tutti i mantra e tutti i metodi di
realizzazione spirituale sono riassunti nel maha-mantra Hare Krishna".
Il
nome Krishna vuol dire 'Colui
che attrae tutti', il nome Rama
significa 'Colui che dà piacere a tutti' e il nome Hare è indirizzato all'energia devozionale del Signore. Quindi
il maha-mantra significa:
"O Signore che attrai e dai piacere a tutti, o energia del Signore, Ti
prego impegnami nel Tuo servizio di devozione".
Cantate
il mantra Hare Krishna e le
vostre vite saranno sublimi.
Sri Caitanya Mahaprabhu, grande maestro indiano del ‘500 che insegnò
e diffuse
il canto dei Santi Nomi
VEDERE ATTRAVERSO IL SUONO
È un tema molto affascinante quello della
relazione tra il suono e le forme visibili. “In principio era il verbo, e il
verbo era presso Dio e il verbo era Dio... e il verbo si fece carne” recita la
Bibbia. Recenti esperimenti hanno
mostrato in che modo la vibrazione sonora possa strutturare la materia in forme
geometriche estremamente intriganti, alcune delle quali ci rimandano agli
Yantra dell’antica cultura vedica (rappresentazioni geometriche di Mantra,
corrispondenti a diversi piani di coscienza e alle rispettive Divinità che vi
presiedono).
Nel seguente estratto di un suo discorso,
Srila Bhakti Rakshak Sridhar Maharaj così descrive lo straordinario potere del suono e in
particolare della vibrazione trascendentale del maha-mantra.
“Ci sono canali attraverso i quali
l’infinito discende. C’è una comune credenza secondo la quale espandendo il
potere della mente possiamo concepire l’infinito, ma questo metodo è difettoso.
Se l’infinito potesse essere confinato in una mente limitata, allora non
sarebbe infinito. L’infinito non può essere contenuto in una sfera limitata,
tuttavia, se Egli è davvero infinito, allora deve avere il potere di farsi
conoscere in tutta la sua pienezza alla mente finita. Egli discende attraverso
il canale del suono trascendentale.
Per milioni di anni i saggi hanno cantato
mantra sulle sponde di molti fiumi sacri. Idee sono straripate ovunque a
proposito dei possibili effetti del mantra. Un saggio spiegò in un suo
sutra che le epidemie di massa sono dovute alla contaminazione dell’etere da
parte di suoni impuri. Quando gli avvocati e il pubblico ministero nella corte
cominciano a mentire nel nome della giustizia, queste vibrazioni sonore
contaminano l’etere, che di conseguenza contamina l’aria e l’acqua che le
persone respirano e bevono e il risultato è l’epidemia.
Le scritture vediche affermano che quando
il Signore Brahma crea l’universo, l’ingrediente seme è il suono ‘OM’ e da
quell’ ‘om’ nasce il Gayatri mantra: da questo suono germogliano le quattordici
galassie planetarie come vorticose spirali di stelle e pianeti, con il sole
situato esattamente al centro dell’universo. Ciascun sistema planetario è
composto di un suono differente proferito dal Signore Brahma.
Anche l’anima individuale è dotata di una
frazione di potere creativo. E dunque anche gli individui comuni creano la loro
sfera minuscola d’influenza attraverso il suono. La sfera d’influenza di
qualche anima non è più grande del proprio cranio, e alcune anime hanno
influenza su una comunità, una nazione, e persino su un intero pianeta. La
bellezza e l’armonia delle loro particolari sfere d’influenza dipende dalla
qualità dei suoni che producono.
Quando una nazione cerca di conquistarne
un’altra, i primi punti che cerca di catturare sono i media: la televisione, le
stazioni radio, i giornali, le vie di comunicazione.
Le linee di comunicazione sono piene di
suoni impuri, dai libri di scuola per i più giovani fino a quelli più avanzati
di cosiddetta filosofia.
È necessario riempire l’etere del suono
purificante del maha-mantra. Pronunciando il suono puro del maha-mantra ogni
cosa esistente viene invasa a partire dalla sua stessa origine. La mente, il
corpo, l’anima e persino la stessa natura può essere mutata in natura
trascendentale. Catturate le onde sonore che sono la causa di ogni esistenza
oggettiva e saturatele con il santo Nome. Il risultato sarà la trasformazione
totale dell’energia!
Cavalca le onde del suono trascendentale
che viaggiano nell’etere, e la tua felicità nella vita spirituale è
assicurata”.
UNA DI NOI
di Caterina
Carloni
Un
libro di alcuni anni fa, intitolato “Ordinary People”, di Judith Guest, e
portato alla ribalta dal film “Gente comune” (1981), con Tim Hutton, narrava la
storia di una famiglia borghese e dei suoi piccoli grandi drammi. Il film
emozionò e commosse talmente tanto le platee di tutto il mondo che Tim Hutton
si aggiudicò a soli 19 anni la statuetta come migliore attore non protagonista.
Le
storie della gente comune ci aiutano a ritrovare i veri valori della vita e,
attraverso un processo di identificazione, ci incoraggiano a superare i nostri
dubbi, le nostre debolezze, le nostre paure.
Ho pensato di raccontarvi oggi la storia di Silvana P.,
una bella ed elegante signora di 75 anni, che vive una vita semplice e piena,
una di noi, una donna che sorride alla vita e che ha saputo trasformare il
dolore in saggezza e gli ostacoli in opportunità.
K: Ciao,
Silvana, ci conosciamo da molti anni e penso che tu sia una di quelle persone
che tutti vorrebbero avere come vicina di casa: semplice, sempre sorridente,
disponibile e generosa. Ti va di concedermi una tua intervista?
S: Sì,
certamente.
K: Allora cominciamo. Qual è il segreto della tua
serenità?
S: La salute. Grazie
a Dio ho sempre avuto una salute di ferro.
K: Tuttavia, credo che anche tu, come tutti, hai
dovuto sopportare i dolori e le difficoltà che naturalmente si incontrano lungo
il cammino della vita. Ti va di parlarne?
S: Sì, come tutti ho avuto i miei problemi ed
ostacoli. Ad esempio la perdita di mia madre a tredici anni. Eravamo una
famiglia molto numerosa; tra fratelli e sorelle eravamo in tredici, e nella
nostra casa c’era sempre molta allegria e movimento. Abitavamo a Piazza del
Popolo, a Roma, e mio padre, conosciuto anche come “Menelik”, aveva un negozio di
frutta e verdura. Io, già da piccola, lavoravo con lui e tutte le mattine
andavamo insieme ai mercati generali.
K: Qual è il più bel
ricordo della tua infanzia?
S: Ricordo mio padre
e mia madre che intonavano gli stornelli romani all’osteria del quartiere. Era
una vita semplice. Si lavorava sodo ma si stava bene perché i rapporti tra le
persone erano veri e autentici.
K: Cos’è che ti
rende felice, oggi?
S: La mia famiglia. E’ la cosa più bella della mia
vita, soprattutto i miei tre nipoti: Erika di 21 anni, Giulia di 18 e Mirko di
15 anni, che sono la luce dei miei occhi.
K: Qual è il più bel
ricordo della tua vita?
S: La nascita dei
miei figli, Marco e Francesca. E’ stata un’emozione e una gioia per le quali non
ci sono parole.
K: Come ti
descriveresti?
S: Buona, socievole, onesta, scanzonata, leale con
tutti. Basta chiederlo a quelli che mi conoscono.
K: Confermo. So che nella tua bella famiglia, tra i
tuoi nipoti, c’è anche una star della televisione. Si tratta di Mirko Trovato,
uno dei protagonisti della fiction “Braccialetti
Rossi”. E’ il ragazzo che interpreta la parte di Davide il Bello, il “duro”
del gruppo. Ma è così anche nella vita?
S: Sì, è così anche nella vita di tutti i giorni. E
’sempre stato indipendente, coraggioso, un
po’ sfrontato, così come appare nella fiction. Dopo questa esperienza
televisiva, ha ricevuto, tra l’altro, molti consensi da parte del pubblico ed è
richiesto da registi e autori del
cinema. Mirko ha dimostrato di essere un vero talento, però, per fortuna, non
si è montato la testa, e adesso studia presso una scuola di recitazione di Roma
per coltivare e migliorare le sue capacità. Recitare è il suo grande sogno.
K: Sei orgogliosa di
lui?
S: Certo, sono la
sua più grande fan.
K: Qualcun altro, nella tua famiglia, possedeva
talenti artistici come quelli di Mirko?
S: Sì. Mio marito Franco, da piccolo, ha interpretato
un ruolo in un film drammatico dal titolo “Vivere in pace”, con Aldo Fabrizi e
Ave Ninchi. Forse ha preso un po’ da lui. Anch’io, senza falsa modestia, da
giovane ero stata prescelta da Marcello Mastroianni per una parte in un film,
ma la mia famiglia si oppose perché allora c’erano tanti pregiudizi e fare l’attrice era considerato sconveniente.
Non capivano.
K: Qual è la tua più grande passione?
S: Subito dopo la
famiglia, che è il mio tesoro più grande, la mia più grande passione, da
sempre, è la magica Roma. Sono una romanista sfegatata e fino a poco tempo fa
avevo l’abbonamento in curva sud. Passare la domenica allo stadio era una grande
gioia, una festa di colori e di canti, oltre che un’occasione per riunire la
famiglia e gli amici.
K: Cosa vorresti che
scrivessi ancora su di te, che non ti ho chiesto?
S: Nulla, fammi solo
tanti in bocca al lupo per la mia salute e per quella dei miei familiari.
K: Fatto. Grazie
Silvana, è stato un piacere.
S: Il piacere è
stato mio. Un saluto a tutti i lettori del bollettino. E…. FORZA ROMA!
Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento
psicosomatico.
LIBRI, MOSTRE E SPETTACOLI
a cura di
Lancilla Farinelli
IL
SILENZIO
La lingua degli uomini definisce il silenzio essenzialmente
come assenza di rumore, un vuoto, una
mancanza, ma non è ciò che effettivamente l’uomo percepisce o esplora quando ne
fa esperienza.
Il termine silenzio, ci
dice E. Loewenthal scrittrice e traduttrice italiana,
in lingua ebraica si esplicita
con ben quattro termini, Shequet, il silenzio della quiete, Dom quello dell’inizio dei tempi,
abissale, Demama il silenzio della
rivelazione e stupore, Lishtok, il silenzio imperativo che s’impone, più suoni che
parole.
L’uomo occidentale concepisce il Silenzio in relazione
all’emozione a cui viene associato per
cui si parla di silenzio da stupore, per
meraviglia, con dolore, di gioia e di
beatitudine oppure, sofferenza
interiore ma, tutto ciò ci fornisce una definizione
limitata di Silenzio. Comunque lo identifichiamo questo termine, che si adatta a molteplici connessioni e
associazioni, sfugge ad ogni definizione che lo incaselli o limiti in maniera finita. Questo perché
il silenzio non descrive uno
spazio finito, non ha un colore, ma è
uno spazio che ci parla di un viaggio, di un percorso a cui l’uomo approda e
visita spesso inconsapevolmente considerato
una pausa , un “fuori scena” da cui fuggire nella rappresentazione della
quotidiana vita incarnata .
Lo spazio sacro che il silenzio ci comunica è fuori dalla
portata dei nostri cinque sensi in cui ci affanniamo a chiuderlo, non
appartiene alla visione dualistica tipicamente umana ma si pone piuttosto come un ponte verso la dimensione intima e
interiore abitata dalla nostra
coscienza.
E’ così che il silenzio, spazio sacro, diventa un viaggio che
può essere breve o lungo, cercato o
evitato dentro a noi stessi.
Forse più semplicemente
il silenzio “E’.
E’ momento catartico
sempre accomunato alla percezione
di “scoperta”, di “ritrovamento” e di un risveglio di un sé che si confronta senza veli con la realtà
oggettiva, come uno specchio rivelatore
di una parte di noi che il
silenzio-specchio mette a nudo riconnettendoci
volenti o nolenti alle profondità dell’inconscio. E’ quel
silenzio che tanto spaventa e rifugge chi vive la propria vita troppo a
lungo identificato con il mondo materiale e poco ascolta quella voce che in quel “silenzio” sussurra in
lontananza, la coscienza.
Lo scrittore Roberto
Mancini autore del libro “Il silenzio via verso la vita”, ci dice che il
silenzio è il linguaggio degli Dei, ”..non si
apprendono forse nel silenzio le verità degli dei che ci parlano con il loro
muto linguaggio? E non si sono forse sempre ascoltate nel silenzio le parole
dei condottieri e dei re e le voci autorevoli dei maestri? Immersi nel silenzio
santi, asceti e visionari hanno percorso tanti cammini di fede ed hanno imparato
ad ascoltare l'ineffabile.. “
I silenzi, quelli che ci
concediamo specie di fronte alla
bellezza della natura riportano l’uomo
alla solitudine, a una relazione privilegiata in cui la vita pare ricaricarsi
pacificata e paga di un’armonia superiore, di una promessa di felicità e amore incondizionato.
La relazione profonda tra paesaggio naturale e il silenzio è
splendidamente resa da Eugenio Torri, geografo e profondo studioso del
paesaggio che propone delle riflessioni tra il paesaggio e il silenzio e che, a
tale proposito dice: “Il tempo del paesaggio non è il tempo
dell’uomo. Il tempo del paesaggio è il tempo del silenzio, il tempo dell’uomo è
quello del rumore..”
Silenzio come un suono, quello del risveglio interiore che
intesse la danza melodica del cuore, la
rivelazione del Sé, il riconoscere l'essere spirituale che siamo. Visitando il silenzio percepiamo le barriere del corpo che
si affaccia a una realtà
sconosciuta, sovraumana, perché è
nel silenzio che l’anima vola e si espande
negli spazi immensi e illimitati
e si nutre di ciò che da sempre è presente nell’universo, l’Amore Divino.
Kristin Flood giornalista e scrittrice norvegese che ha scritto “Incontro con il silenzio”, in un’intervista dice “È lì
come una dimensione della nostra esistenza, come uno spazio con il quale
possiamo scegliere di entrare in contatto o meno, come una frequenza della
quale possiamo essere curiosi oppure trovarne conforto, come una qualità della
nostra vita nella quale possiamo trovare la cosa più semplice e allo stesso
tempo più difficile: il riposo.” .. “ Quando siamo in silenzio ci colleghiamo
ad una sfera invisibile della nostra esistenza, nella quale c’è una quiete che
ci offre armonia. Qui c’è un ‘vuoto’ che non è un vuoto. Qui c’è la danza
silenziosa tra il nostro cuore e l’universo….“ Il popolo del deserto, i tuareg,
infatti, usa dire così: “Dio ha creato un territorio con l’acqua, nel quale gli
uomini possono vivere, un territorio senz’acqua, nel quale l’uomo sperimenta la
sete, e il deserto, un territorio con e senza acqua, nel quale l’uomo può
trovare la sua anima”..
Charlie Chaplin invece definisce il silenzio come il grande
contrapposto al momento del rumore: ”Il
silenzio è un dono universale che pochi
sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore.
L’animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo
cerca”.
E che dire
allora di tutto il rumore che circonda
oggi il nostro mondo e che ci porta così lontano da questo linguaggio
dell’anima, silenzioso rispettoso e paziente; e, a ben guardare, la presenza del rumore e del silenzio
diventano indizi importanti per comprendere e riflettere su chi è l’uomo di oggi, o meglio ancora a che
punto si trova del suo percorso, perché
si muove disinvolto in questo
mare di parole immerso in tutto questo
urlare e agitarsi in una confusione
di babelica memoria.
Tutto ciò di cui
siamo circondati sembra portarci lontano
da noi stessi, da ciò che realmente siamo, dall’armonia divina e dalla felicità
a cui tutti aneliamo disperatamente .
Il rumore
crescerà, probabilmente crescerà ancora, fino a quando diverremo completamente
“sordi” a noi stessi oppure,
insofferenti e doloranti, esploderemo
con un imperativo cosmico ..
silenzio!
E questo, sarà…
l’inizio.
Lancilla
Lancilla Farinelli, counselor. Vive e lavora a Genova.
E’ responsabile della Biblioteca Civica Cervetto.
NEWS E CORSI
·
CORSO DI MEDICINA PSICOSOMATICA
In programma il VI°
modulo: “L’APPARATO DIGERENTE - lo stomaco e l’intestino” ovvero come diventare
sé stessi attraverso le esperienze della vita
·
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SABATO 5 APRILE 2014
Ore 10
VI°
Seminario
del Corso
annuale di Medicina Psicosomatica 2013-2014
L’APPARATO DIGERENTE
LO STOMACO E
L’INTESTINO
In varie tradizioni culturali è assodato che l’unico compito
dell’uomo è seguire la sua vera natura. Tuttavia, trovarla non è cosa da poco:
spesso si passa una vita intera a cercarla, e pare sia più facile smarrirla che
avvicinarvisi.
Eppure, se i Maestri insistono su questa nostra funzione
primaria, è segno che solo nella sua realizzazione arriviamo a compiere il
nostro destino.
Trovare la propria vera natura significa seguire la direzione di
vita impressa dal nostro Sé, nucleo centrale dell’essere, assecondando la forma
originaria e particolare che fa di ognuno di noi l’individuo unico e
irripetibile che è.
Come il cervello raccoglie tutte le impressioni sottili, le
assorbe e le manda in tutto il corpo in forma di ormoni, così l’intestino, che
con il cervello è in analogia di forme e di funzioni, riceve e assorbe la
materia che, immessa nel sangue, andrà in tutti i distretti del corpo a
ricreare il corpo stesso.
La simbologia dell’apparato digerente comprende vasti aspetti
legati allo sviluppo esistenziale: il cibo che entra nella cavità orale e viene
deglutito ricorda infatti la metafora, rintracciabile in molti miti di tutte le
epoche e di tutte le civiltà, dell’eroe che compie il suo viaggio iniziatico.
Quella serie di trasformazioni e di incontri con eventi avversi della vita (rappresentati
dai succhi gastrici, bile e denti) lo cambieranno profondamente e lo faranno
divenire una persona nuova che avrà colto la sua vera essenza, cosa gli
appartiene e cosa no.
E’ ciò che C.G. Jung chiama “processo
di individuazione”: diventare sé stessi attraverso le esperienze della vita
e lasciar andare quel che non serve più.
Programma del seminario:
- Simboli e
funzioni del sistema digerente
- Il mito
dell’Eroe
- Le
patologie: gastrite, ulcera, colite, morbo di Crohn
- Sessione
esperienziale con esercizi di arte-terapia e tecniche di rilassamento
Il seminario si svolgerà dalle ore 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
Costo: 100 €
SEDE DEL CORSO:
Centro Studi di Medicina
Psicosomatica
Viale dei Primati Sportivi,
50 (EUR Palasport) 00144 ROMA
PER INFORMAZIONI:
Tel. 06.54210797 –
339.5258380 – 339.2197176
FAX:
06.97258889
Dal 18 al 21 aprile 2014
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